La fabbrica delle mutilazioni | Aidos

Somaliland, zona franca dalle guerre, ma anche dalle leggi che proteggono le bambine

Da qualche tempo il Somaliland è diventata la destinazione preferita per le vacanze estive dei somali che vivono in Norvegia. Non è sempre facile trovare il Somaliland sulla carta geografica, dal momento che si tratta di un lembo di Somalia autoproclamatasi indipendente (nell’indifferenza del mondo) e che gode di una pace tanto più preziosa se paragonata al conflitto continuo che insanguina la Somalia da oltre un ventennio. Del’insolito andirivieni si sono accorti alcuni reporter della televisione pubblica norvegese, che sono andati ad Hargeisa, capitale del Somaliland, per cercare di capire cosa succedeva. Non era tanto la possibilità di incontrare parenti o amici o comunque compatrioti ad attirare tante famiglie della diaspora somala, quanto la volontà di sottoporre le proprie figlie alla mutilazione dei genitali femminili (MGF), che interessa tuttora ben il 98 per cento delle ragazze e donne di etnia somala. La maggior parte delle comunità originarie della Somalia vive in paesi in cui le MGF sono non solo illegali, ma attivamente perseguite e non può tornare in patria a causa della sempre più tragica e pericolosissima situazione del paese. Le donne che effettuano la mutilazione in Somaliland, e che spesso sono ostetriche, apprezzano in modo particolare i clienti che arrivano dalla Norvegia e che sono disposti a pagare “ben” 20 euro per ogni bambina mutilata.
Il reportage ha fatto molto rumore in Norvegia e tra le organizzazioni delle donne somale in Europa, che stimano il numero delle bambine mutilate in Somaliland nell’ordine ormai delle migliaia. Ci sono in Somaliland organizzazioni di donne che lottano contro la pratica, ma sono sole e non riescono ad ottenere sostegno internazionale perché il loro paese non è riconosciuto.