A fine luglio siamo state ad Amman per la chiusura del nostro progetto su violenza di genere e disabilità. Abbiamo portato una prospettiva intersezionale e fatto in modo di renderla concreta, per far sì che si tenga conto anche della disabilità nei casi accertati di violenza o nei casi di donne a rischio, in un contesto estremante delicato.
In base agli ultimi dati di UNHCR del 30 giugno 2024, la Giordania accoglie 628.135 persone rifugiate siriane, ufficialmente registrate. Poco più del 17% vive in campi di accoglienza formali, mentre la maggioranza risiede nelle comunità ospitanti giordane. Tale afflusso ha creato notevoli pressioni socio-economiche nel paese affaticando le capacità del governo di garantire i servizi primari. Di conseguenza c’è stato un aumento della percentuale della popolazione giordana e rifugiata che vive al di sotto della soglia di povertà. Le donne e le ragazze hanno perso opportunità di lavoro e di reddito e coloro che vivono una condizione di vulnerabilità, quali le donne con disabilità e le rifugiate siriane, sono maggiormente esposte al rischio di violenza di genere. Il progetto aveva lo scopo di migliorare concretamente la qualità della vita di queste donne, sia nelle aree urbane che negli insediamenti informali nei Governatorati di Amman e Mafraq, dove c’è la maggiore concentrazione di persone rifugiate.
Per fare questo abbiamo lavorato per la prima volta in case rifugio, andando ad aumentare la consapevolezza di chi ci lavora e di chi ci vive ma anche, quella fondamentale, delle istituzioni coinvolte per fare sì che inizi un cambiamento concreto e complessivo della società nell’affrontare la violenza di genere in tutte le sue forme.
Il progetto ha previsto anche delle migliorie strutturali nelle case rifugio, per renderle accessibili poiché, in base agli standard nazionali, presentavano necessità di revisione architettonica, carenza di personale specializzato e attrezzature adeguate. Istituite dal Ministero dello Sviluppo Sociale, sono luoghi importanti poiché danno un’alternativa alla pratica della detenzione protettiva forzata, a cui sono spesso soggette le donne e le ragazze la cui vita è considerata in pericolo. Oltre a essere un rifugio e un luogo sicuro, grazie a progetti come questo, possono diventare posti che danno opportunità di immaginare un nuovo inizio e una possibilità di autodeterminazione per tutte.
Il progetto ha previsto anche percorsi formativi finalizzati ad affrontare una delle cause che trattiene o riconduce le donne in condizioni di sopraffazione e violenza, quella che viene definita violenza economica. Per fuoriuscire dalla violenza di genere e ricostruire la propria vita le condizioni materiali sono infatti fondamentali ed è necessario un percorso di empowerment che porti a una effettiva e duratura autonomia. I corsi sono stati pensati sulla base della realtà giordana e in collaborazione con le associazioni partner, che ci hanno aiutato a comprendere l’importanza della creazione di home based business per immaginare e concretizzare la possibilità di fonti di sostentamento. Abbiamo organizzato corsi di business management, aumento e potenziamento delle capacità professionali, corsi professionalizzanti in fotografia, cucito, cucina ed estetica. Al termine sono stati distribuiti dei kit tecnici per l’avvio di attività, che danno l’opportunità di iniziare a lavorare appena possibile.
Le vite delle donne coinvolte nel progetto sono state profondamente cambiate dalle attività realizzate, alcune partecipanti hanno voluto condividere la propria esperienza attraverso le loro testimonianze. Tra queste c’è Hasna, divorziata con due figlie, di cui una con disabilità, che ha iniziato a lavorare presso un panificio riuscendo così a provvedere da sola ai loro bisogni. Ma anche Roukeia che, grazie alla formazione ricevuta, ha avviato la sua attività di prodotti da forno insieme ai suoi figli. Altre ci hanno anche accolto nelle loro case per mostrare di persona il frutto della formazione e delle attrezzature ricevute come Wahida e Fatima, due giovani rifugiate siriane. Dopo il divorzio, Wahida era preoccupata del mantenimento delle sue figlie e figli. Insieme a Fatima, sua cognata, ha partecipato alle formazioni del nostro progetto. “I corsi di cucina e i kit con le attrezzature per iniziare una nostra attività, ci hanno permesso di produrre il cibo in casa e poi venderlo. Oggi grazie al passaparola acquistano i nostri prodotti le vicine di casa, le scuole di quartiere e i mercati locali. Così riusciamo a guadagnare i soldi per affrontare da sole tutte le spese, anche quelle per le cure mediche di uno dei miei figli. Siamo davvero felici e orgogliose di quello che stiamo costruendo e speriamo nel tempo di ampliare la nostra attività”.
Il 21 luglio abbiamo organizzato, ad Amman, l’evento finale di presentazione dei risultati del progetto. Le donne che hanno partecipato, le associazioni partner, ma anche rappresentanti del governo hanno espresso la loro soddisfazione per i risultati raggiunti: la migliorata accessibilità delle case rifugio coinvolte, l’adozione delle nuove linee guida su disabilità e violenza di genere e la rafforzata autonomia e indipendenza economica delle partecipanti. Anche il responsabile del dipartimento Protection del Ministero dello Sviluppo Sociale, Imad Suheiba, ha condiviso la soddisfazione del Ministero per i risultati del progetto, in particolare ha voluto sottolineare l’importanza della formazione ricevuta dal loro personale in merito alle nuove linee guida su disabilità e violenza di genere e al protocollo di assistenza nelle case rifugio integrato con la parte sulla disabilità.
Nel corso del progetto 1.568 persone tra rifugiate siriane e comunità giordane a rischio o sopravvissuti a violenza di genere hanno aumentato la propria consapevolezza sulla violenza di genere e disabilità, di cui il 10% uomini; 57 persone dello staff di enti governativi e di associazioni della società civile sono state formate sull’intersezionalità fra violenza di genere e disabilità, di cui il 19% uomini; 2 case rifugio sono state rese accessibili a persone con disabilità.
Il progetto No Woman left behind. Violenza di Genere e disabilità: trasformare le vulnerabilità in abilità è in partenariato con Vento di Terra, due ONG giordane Durrat al Manal for Development and Training e la Arab Women Organization e in collaborazione con l’Higher Council for the Rights of Persons with Disabilities e il Ministero dello Sviluppo Sociale. Nell’ambito del programma di emergenza AID 11731.03 finanziato da AICS Amman.