Presentata la relazione annuale al parlamento: aumentano però gli obiettori.
Confermata la tendenza storica alla diminuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) in Italia: nel 2008 sono state effettuate 121.406 Ivg (di cui circa 80 mila tra donne italiane), con un decremento del 4,1% rispetto al dato definitivo del 2007 (126.562 casi) e un decremento del 48,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’Ivg (234.801 casi). Questi alcuni dati della Relazione al Parlamento 2009 sull’Ivg illustrata dal sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella.
La tendenza alla diminuzione dell’Ivg diventa ancor più evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere. Le cittadine straniere, oltre a presentare un tasso di abortività, peraltro diverso per nazionalità, stimato 3-4 volte maggiore di quanto attualmente risulta tra le italiane, hanno una diversa composizione socio-demografica, che muta nel tempo a seconda del peso delle diverse nazionalità, delle culture di provenienza, e dei differenti approcci alla contraccezione e all’Ivg nei paesi di origine. Allarmanti invece i dati sui ginecologi obiettori di coscienza, passati dal 58,7% del 2005 al 69,2% del 2006 fino a 70,5% del 2007. Percentuali superiori all’80% si osservano nel Lazio (85,6%) in Basilicata (84,1%) e in Campania (83,9%).
Il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’Ivg in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto è stato legalizzato. Siamo in un paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’Ivg – dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri paesi (Francia, Gran Bretagna, Svezia) hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa, e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile.