Con l’autonomia, tornano nel Kurdistan iracheno le mutilazioni genitali
La mamma di Sheelan le aveva promesso una festa. Invece degli invitati è entrata una donna, che le ha tagliato con un rasoio parte dei genitali. Tutti i vicini hanno sentito le urla, ma la madre, Aisha, trentenne, non è pentita: “non so perché lo facciamo – ha detto – ma non smetteremo mai, perché l’Islam e i nostri vecchi lo vogliono.”
Come Sheelan, oltre il 60 per cento delle bambine del Kurdistan iracheno vengono mutilate. “Quando noi curdi lottavamo per la nostra indipendenza – dice Pakshan Zangana, leader del Comitato delle donne al Parlamento curdo – le donne partecipavano a pieno titolo alla resistenza, ma ora che abbiamo la libertà, siamo state respinte indietro e i crimini contro le donne non vengono puniti.” Zangana ha presentato un progetto di legge in Parlamento per vietare le mutilazioni, ma non viene messo all’ordine del giorno, perché, spiega il ministro curdo per i diritti umani Yousif Mohammad Aziz “non si può fare una legge per ogni piccola questione locale.” Non la pensa così il leader religioso Hama Ameen Abdul Kader Hussein, capo della comunità religiosa di Germian: da quando ha detto che l’Islam non richiede la pratica, che è quindi facoltativa e può essere dannosa, nella sua comunità le mutilazioni sono calate del 50 per cento.